S. ANATOLIA
LA VITA DI S. ANATOLIA
S. Anatolia nacque a Roma verso il 230 da famiglia cristiana. Il padre Mauro Fulvio Emiliano - che ricopri' per due volte la carica di console - era amico dell'imperatore Filippo l'Arabo, benevolo verso i cristiani. La madre, di cui si ignora il nome, e' detta per tradizione della famiglia degli Anici. Siccome il padre aveva soggiornato a lungo in Oriente e nel periodo in cui visse la nostra santa era diventata una sorta di moda imporre nomi di origine orientale, diede alla figlia nome e prenome di origine greca: CALLISTA (LA PIU' BELLA) ANATOLIA (COME IL SOLE CHE SORGE).
Accanto alla figura di s. Anatolia troveremo continuamente quella dell'altra martire sabina Vittoria. Sebbene la tradizione ce le ha passate come sorelle, nessun legame di sangue unisce le due martiri, ma solo la stretta amicizia ed il comune vincolo della fede cristiana.
La vita a quei tempi non era facile per i cristiani, circondati da accanita ostilita' ed esposti continuamente alle persecuzioni. Percio' Anatolia e Vittoria con tutti i loro familiari tenevano celata la loro fede cristiana.
Frattanto - ci narra la passione - due giovani pagani, servendosi di nobili matrone chiesero in spose Anatolia e Vittoria: rispettivamente Tito Aurelio ed Eugenio. Vittoria era favorevole al matrimonio; ma la nostra santa, pur senza opporre un aperto rifiuto, cercava di guadagnar tempo nella speranza che il Signore le indicasse la strada da seguire.
Un giorno Anatolia distribui' tutti i suoi averi ai poveri: la notte seguente - narra la passione - le apparve un angelo dal volto lucente che, con gli occhi fissi su di lei, comincio' a tessere l'elogio della verginita'. Ormai s. Anatolia conosceva la sua strada ed era intenzionata a percorrerla fino alla morte. Alle insistenze di Tito Aurelio la santa oppose vari pretesti, e alla fine dichiaro' apertamente di essere cristiana e che per questo mai avrebbe sposato un pagano, esponendosi cosi' a perdere la fede; anzi, non avrebbe sposato mai alcun uomo, essendosi consacrata vergine a Cristo.
Ora entra in scena Vittoria, incaricata perche' facesse tornare indietro Anatolia circa le sue posizioni: il racconto della visione angelica, l'esortazione di Anatolia a mantenersi puri per il Regno dei Cieli, un'ulteriore visione che conferma a Vittoria la veridicita' della situazione e la solidita' della scelta Anatolia, Spingono Vittoria a compiere con coraggio e risolutezza la scelta di consacrarsi a Cristo.
Eugenio ed Aurelio - in modo tale da non perdere ne' le spose ne le ricchezze ed i possedimenti di entrambe - non le denunciarono come cristiane, ma chiesero all'imperatore Decio (249 - 251) di poterle relegare nei loro possedimenti.
Vittoria fu relegata a Tremula Mutuesca (l'attuale Monteleone sabino), dove subi' un glorioso martirio. S.Anatolia fu deportata nei dintorni di Tora (l'attuale Castel di Tora).
In questa regione - per ordine dell'imperatore - la nostra santa fu condannata a vivere in solitudine, afflitta dalla fame e dalla sete, esposta alle piu' dure sofferenze.
Si narra che durante il suo esilio Aniano, figlio di Diodoro - consulare del Piceno - era stato invasato dal demonio e giorno e notte emetteva continue grida dicendo che era una certa "Signora Anatolia" a tormentarlo con le fiamme delle sue preghiere. Giunto un giorno si fronte ad Anatolia il ragazzo si trovo' liberato per opera di Cristo, per intercessione di S. Anatolia: il fatto fu risaputo in tutta la regione, tanto che venivano portati ad Anatolia i malti di ogni specie, malati che si trovavano ad essere guariti grazie alle preghiere di Anatolia e tornavano a casa convertiti a Gesu' Cristo.
Risaputo il fatto, Decio fece inviare a Tora il giudice Festiano con l'ordine di piegarla ad Aurelio, o altrimenti ucciderla.
Visto Festiano che le sue esortazioni durante il dialogo con la santa rimasero insolute, ricorse ai tormenti piu' orribili: fu tormentata sul cavalletto, dopodiche' le furono strappati i fianchi con degli uncini.
Ultima prova. Festiano chiamo' a se' un Marso con l'ordine di rinchiudere Anatolia in una stanza con un serpente perche' fosse uccisa dai suoi morsi. Non solo la santa passo' in preghiera tutta la notte, ma all'apertura della stanza il serpente si avvento' contro il marso prontamente salvato da Anatolia. Il marso - di nome Audace - si converti' a Cristo e, ancora prima di Anatolia, ricevette il martirio.
Era il 9 Luglio del 250, quando ardeva piu' che mai la persecuzione di Decio. La santa stava in piedi con le mani stese al cielo in preghiera; il carnefice con un colpo di spada le trafisse il petto da un lato all'altro.
I cittadini di Tora seppellirono con onore il corpo della martire Anatolia, e quel sepolcro fu illustrato da molti miracoli.
LA DIFFUSIONE DEL CULTO
Gli eventi circa la vita di Anatolia fecero si' che la sua fama ed il suo culto si diffondessero in modo rapido ed esteso. Molte sono le testimonianze nei documenti anche prima dell'anno mille.
Nel 396 S. Vittricio vescovo di Rouen nel DE LAUDE SANCTORUM, elencando i doni carismatici dei martiri, tra le quattro taumaturghe piu' famose cita anche Anatolia. Il martirologio detta Geronimiano contiene il nome di Anatolia, nome che e' poi passato in tutti i martirologi storici. Nel VI sec. Anatolia compare nella grande teoria delle vergini in S. Apollinare nuovo a Ravenna.
Verso il 700 l'inglese S. Adelmo, canta le lodi di s. Anatolia e di s. Vittoria in due poemi: DE LAUDIBUS VIRGINITATIS e DE LAUDIBUS VIRGINUM.
Infine Flodoardo di Reims nel poema DE CHRISTI TRIUMPHIS APUD ITALIAM, descrive la vita ed il martirio di s. Anatolia. Questi documenti piu' importanti - anche se ce ne sono tantissimi altri - ci testimoniano la diffusione di un culto in tutta l'Europa cristiana, che si e' esteso in breve tempo se consideriamo che solo dopo140 anni dal martirio il nome di Anatolia compare in Francia.
DA TORA A SUBIACO
Col passar del tempo si perse il ricordo del luogo dove era stato deposto il corpo di s. Anatolia.
Il testo che narra il ritrovamento delle reliquie presente nella biblioteca di Subiaco documenta che l'abate Leone III nel 932 si reco' nella valle del Turano. Ci dice inoltre che all'abate - scoraggiato da una primaria delusione perche' la sua ricerca non lo porto' a nulla - fu rivelato in sogno il luogo della sepoltura di s. Anatolia. La traslazione delle reliquie avvenne in maniera solenne, passando per i vari castelli in possesso dell'abazia di Subiaco.
Sotto l'abate Giovanni V le reliquie furono collocate sotto l'altare maggiore al S. Speco. Attualmente il sacro capo di s. Anatolia si conserva al S. Speco; il resto delle reliquie si venera nel monastero di s. Scolastica. Nel 2006 - dopo piu' di dieci secoli - la reliquia insigne ha fatto ritorno a Castel di Tora per due giorni, rendendo ancor piu' solenni i gia' bei grandi festeggiamenti che la comunita' di Castel di Tora vive in ricordo della sua Martire.
A cura di Don Roberto D'Ammando
S. Anatolia nacque a Roma verso il 230 da famiglia cristiana. Il padre Mauro Fulvio Emiliano - che ricopri' per due volte la carica di console - era amico dell'imperatore Filippo l'Arabo, benevolo verso i cristiani. La madre, di cui si ignora il nome, e' detta per tradizione della famiglia degli Anici. Siccome il padre aveva soggiornato a lungo in Oriente e nel periodo in cui visse la nostra santa era diventata una sorta di moda imporre nomi di origine orientale, diede alla figlia nome e prenome di origine greca: CALLISTA (LA PIU' BELLA) ANATOLIA (COME IL SOLE CHE SORGE).
Accanto alla figura di s. Anatolia troveremo continuamente quella dell'altra martire sabina Vittoria. Sebbene la tradizione ce le ha passate come sorelle, nessun legame di sangue unisce le due martiri, ma solo la stretta amicizia ed il comune vincolo della fede cristiana.
La vita a quei tempi non era facile per i cristiani, circondati da accanita ostilita' ed esposti continuamente alle persecuzioni. Percio' Anatolia e Vittoria con tutti i loro familiari tenevano celata la loro fede cristiana.
Frattanto - ci narra la passione - due giovani pagani, servendosi di nobili matrone chiesero in spose Anatolia e Vittoria: rispettivamente Tito Aurelio ed Eugenio. Vittoria era favorevole al matrimonio; ma la nostra santa, pur senza opporre un aperto rifiuto, cercava di guadagnar tempo nella speranza che il Signore le indicasse la strada da seguire.
Un giorno Anatolia distribui' tutti i suoi averi ai poveri: la notte seguente - narra la passione - le apparve un angelo dal volto lucente che, con gli occhi fissi su di lei, comincio' a tessere l'elogio della verginita'. Ormai s. Anatolia conosceva la sua strada ed era intenzionata a percorrerla fino alla morte. Alle insistenze di Tito Aurelio la santa oppose vari pretesti, e alla fine dichiaro' apertamente di essere cristiana e che per questo mai avrebbe sposato un pagano, esponendosi cosi' a perdere la fede; anzi, non avrebbe sposato mai alcun uomo, essendosi consacrata vergine a Cristo.
Ora entra in scena Vittoria, incaricata perche' facesse tornare indietro Anatolia circa le sue posizioni: il racconto della visione angelica, l'esortazione di Anatolia a mantenersi puri per il Regno dei Cieli, un'ulteriore visione che conferma a Vittoria la veridicita' della situazione e la solidita' della scelta Anatolia, Spingono Vittoria a compiere con coraggio e risolutezza la scelta di consacrarsi a Cristo.
Eugenio ed Aurelio - in modo tale da non perdere ne' le spose ne le ricchezze ed i possedimenti di entrambe - non le denunciarono come cristiane, ma chiesero all'imperatore Decio (249 - 251) di poterle relegare nei loro possedimenti.
Vittoria fu relegata a Tremula Mutuesca (l'attuale Monteleone sabino), dove subi' un glorioso martirio. S.Anatolia fu deportata nei dintorni di Tora (l'attuale Castel di Tora).
In questa regione - per ordine dell'imperatore - la nostra santa fu condannata a vivere in solitudine, afflitta dalla fame e dalla sete, esposta alle piu' dure sofferenze.
Si narra che durante il suo esilio Aniano, figlio di Diodoro - consulare del Piceno - era stato invasato dal demonio e giorno e notte emetteva continue grida dicendo che era una certa "Signora Anatolia" a tormentarlo con le fiamme delle sue preghiere. Giunto un giorno si fronte ad Anatolia il ragazzo si trovo' liberato per opera di Cristo, per intercessione di S. Anatolia: il fatto fu risaputo in tutta la regione, tanto che venivano portati ad Anatolia i malti di ogni specie, malati che si trovavano ad essere guariti grazie alle preghiere di Anatolia e tornavano a casa convertiti a Gesu' Cristo.
Risaputo il fatto, Decio fece inviare a Tora il giudice Festiano con l'ordine di piegarla ad Aurelio, o altrimenti ucciderla.
Visto Festiano che le sue esortazioni durante il dialogo con la santa rimasero insolute, ricorse ai tormenti piu' orribili: fu tormentata sul cavalletto, dopodiche' le furono strappati i fianchi con degli uncini.
Ultima prova. Festiano chiamo' a se' un Marso con l'ordine di rinchiudere Anatolia in una stanza con un serpente perche' fosse uccisa dai suoi morsi. Non solo la santa passo' in preghiera tutta la notte, ma all'apertura della stanza il serpente si avvento' contro il marso prontamente salvato da Anatolia. Il marso - di nome Audace - si converti' a Cristo e, ancora prima di Anatolia, ricevette il martirio.
Era il 9 Luglio del 250, quando ardeva piu' che mai la persecuzione di Decio. La santa stava in piedi con le mani stese al cielo in preghiera; il carnefice con un colpo di spada le trafisse il petto da un lato all'altro.
I cittadini di Tora seppellirono con onore il corpo della martire Anatolia, e quel sepolcro fu illustrato da molti miracoli.
LA DIFFUSIONE DEL CULTO
Gli eventi circa la vita di Anatolia fecero si' che la sua fama ed il suo culto si diffondessero in modo rapido ed esteso. Molte sono le testimonianze nei documenti anche prima dell'anno mille.
Nel 396 S. Vittricio vescovo di Rouen nel DE LAUDE SANCTORUM, elencando i doni carismatici dei martiri, tra le quattro taumaturghe piu' famose cita anche Anatolia. Il martirologio detta Geronimiano contiene il nome di Anatolia, nome che e' poi passato in tutti i martirologi storici. Nel VI sec. Anatolia compare nella grande teoria delle vergini in S. Apollinare nuovo a Ravenna.
Verso il 700 l'inglese S. Adelmo, canta le lodi di s. Anatolia e di s. Vittoria in due poemi: DE LAUDIBUS VIRGINITATIS e DE LAUDIBUS VIRGINUM.
Infine Flodoardo di Reims nel poema DE CHRISTI TRIUMPHIS APUD ITALIAM, descrive la vita ed il martirio di s. Anatolia. Questi documenti piu' importanti - anche se ce ne sono tantissimi altri - ci testimoniano la diffusione di un culto in tutta l'Europa cristiana, che si e' esteso in breve tempo se consideriamo che solo dopo140 anni dal martirio il nome di Anatolia compare in Francia.
DA TORA A SUBIACO
Col passar del tempo si perse il ricordo del luogo dove era stato deposto il corpo di s. Anatolia.
Il testo che narra il ritrovamento delle reliquie presente nella biblioteca di Subiaco documenta che l'abate Leone III nel 932 si reco' nella valle del Turano. Ci dice inoltre che all'abate - scoraggiato da una primaria delusione perche' la sua ricerca non lo porto' a nulla - fu rivelato in sogno il luogo della sepoltura di s. Anatolia. La traslazione delle reliquie avvenne in maniera solenne, passando per i vari castelli in possesso dell'abazia di Subiaco.
Sotto l'abate Giovanni V le reliquie furono collocate sotto l'altare maggiore al S. Speco. Attualmente il sacro capo di s. Anatolia si conserva al S. Speco; il resto delle reliquie si venera nel monastero di s. Scolastica. Nel 2006 - dopo piu' di dieci secoli - la reliquia insigne ha fatto ritorno a Castel di Tora per due giorni, rendendo ancor piu' solenni i gia' bei grandi festeggiamenti che la comunita' di Castel di Tora vive in ricordo della sua Martire.
A cura di Don Roberto D'Ammando